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Di stanze

Post it sulla copertina della mia agenda giovedì scorso:

Per favore prendere in edicola:
arancione medio
rosa carne
verde scuro
grazie mamma da Sofia

Quando diamo alla luce una creatura (e veniamo alla luce anche noi), viviamo mesi di dedizione, fisica e mentale.
La fusione è totale.
L’impegno richiesto a volte sembra maggiore delle possibilità che testa e cuore possono mettere in campo.
Non ci sono più giorni e notti, ci si dimentica del tempo.

Nel lento incedere dei giorni, passano le settimane, i mesi, ci si scopre genitori un po’ alla volta, si prendono le misure, il cucciolo che era così totalmente dipendente da noi, è in grado, per un tempo che dall’essere minimo aumenta, di stare con qualcun altro e noi possiamo allungare i tempi di una doccia o uscire a fare la spesa sole.

E arriva, prima o dopo, un tempo più o meno lungo, il doversi staccare da lui.
O forse faremo meglio a dire, da questa parte di noi.
Che accada dopo settimane, dopo mesi, o dopo qualche anno, c’è un momento in cui la vita ci porta a lasciar andare nostro figlio, in mani altre.
Riscopriamo una distanza che prima non ci era nota.
Coincide nella maggior parte dei casi con il rientro al lavoro della mamma.
E’ il primo distacco importante.
Quel “riprendere” che mette fine ad una reciprocità che non sarà mai più la stessa.

Il tempo e il ritmo del primo distacco ci vede attrici o attori principali.
E quando lasciamo, pensiamo che se fosse per i bambini, loro non cambierebbero la condizione.
Con nostalgia (e sollievo a dir la verità) ripensiamo al periodo in cui siamo stati in fusione.
Perché lo spazio di distanza è vitale per entrambi, soprattutto dopo un certo tempo.

Lasciare coinvolge tantissimi aspetti della nostra vita. Cambiano i modi, gli spazi, i tempi.
Per molti, è faticoso. Per altri naturale. Per qualcuno necessario.
Poi si scopre che il bambino si adatta benissimo alla nuova situazione e nell’arco di poco un nuovo equilibrio si instaura, il benessere è generale.
A questo momento di distacco ci prepariamo, a lungo: ci pensiamo, organizziamo, valutiamo, facciamo le prove.

Una cosa si considera raramente.
Che non siamo solo noi a lasciare.
Lo fanno anche i nostri figli, ogni giorno.

foto tratta da letteradonna.it

 

Il giorno un cui crescono finché noi siamo voltati da un’altra parte.
O li stiamo guardando fissamente e proprio in quell’attimo, fanno un passo da noi verso…
Quando ci stupiscono adattandosi.
Nel momento in cui creano leur jardin.
Quando lasciano un post it con una richiesta chiara che dice della loro autonomia.

E a queste di-stanze, che creano nel tempo la loro stanza, diversa dalla nostra, siamo meno preparati.

 

Sembrava più il ricordo del dolore che non il dolore stesso.
Virginia Woolf, Una stanza tutta per sé

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