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PARTO, MA NON POSTO

Ogni parto è un viaggio. Unico, irripetibile, mai scontato, intimo.
Soprattutto intimo.

E mi spinge a scrivere oggi, una serie di messaggi ricevuti in questi ultimi mesi, dalle mamme più diverse, che muovevano da considerazioni di diversa natura.
Il file rouge era comunque lo stesso… tu che hai partorito anche a casa, cosa dici? E via di foto varie ed eventuali.

Premesso che quello che dico, o scrivo, vale per me, che ognuno con l’immagine del suo corpo fa quello che vuole e che alcune cose mi sono lontane perché, pagina di Gaia a parte, non uso e non frequento i social, credo che una riflessione sull’intimità del momento della nascita valga la pena.

Ho partorito il secondo dei miei tre figli a casa.
Un parto fisiologico, come i due in ospedale.
Un parto di ascolto del corpo, come i due in ospedale.

Ho scelto principalmente il parto a casa per l’intimità. E ho potuto sceglierlo, vale la pena di ricordare, perché rientravo nel protocollo nazionale per il parto a casa.
Perché il parto a casa per molte mamme non è economicamente sostenibile, ma soprattutto per molte non lo è per questioni di salute.
Quindi, non sempre la mamma può scegliere dove partorire.
E questo dovrebbe fermarci spesso davanti ad affermazioni del tipo “volere è potere, scelgo il luogo del mio parto”.
Non sempre.

Ma non voglio scrivere di luoghi, ma di modi…
Tralasciamo le ecografie con tanto di DVD finale da far vedere ai nonni – i nonni andrebbero preparati ad una cultura dell’accoglienza, non con la visione di un’eco in 3D – … che nulla hanno a che fare con ecografie realmente necessarie per tutelare la salute dei bambini. L’esibizione la fa da padrona ancora quando il bambino non è visibile. Ma io dico… ci sarà un motivo perché i bambini nascono e crescono al buio, nel non visibile al mondo

Da secoli il parto è un momento di svolta nella vita di una donna, per molte donne è IL MOMENTO. Ricerchiamo la maggior intimità possibile durante il parto, che è la conclusione dell’atto sessuale. Giustamente pretendiamo il silenzio, che non è solo l’assenza di rumore, ma anche la non intromissione, in non giudizio, il rispetto dei tempi fisiologici, la possibilità di ascoltare il proprio corpo…

Dei miei tre parti serbo nel cuore la possibilità di libertà di posizioni e suoni, la potenza e il dolore, quel dolore che non si può descrivere e neppure guardare tante volte, l’intimità di ogni gesto, mio e di chi era vicino… e non necessariamente il più “intimo” dei tre è stato quello tra le mura domestiche.
Ripenso spesso a quei momenti durante i quali tante emozioni si sono mescolate, dove ho toccato con mano limiti e competenze, dove null’altro c’era se non l’arrivo del mio bambino e il mio compagno accanto.
Dei parti ospedalieri non ho foto di travaglio, solo scatti impressi nel cuore…
Conservo invece tra i miei ricordi più preziosi tre foto del travaglio a casa, che mai mi sognerei di condividere perché andrebbero a ledere l’intimità vissuta e così ricercata, e perché sinceramente nulla hanno a che vedere con quanto va ora di moda… parti in casa che sembrano set cinematografici, foto create ad hoc… un po’ tanto in contraddizione con il desiderio di intimità.

Siamo davvero nell’era del “non vorrei, ma posto”.
Partoriamo in casa? Bene. Ma il nostro parto dovrebbe rimanere intimo.
Ogni parto merita rispetto, ogni luogo del parto…
La passione per la professione ostetrica è la stessa sia quando questa è libera sia in ospedale… e il più o il meno si può trovare ovunque. Sguardi amorevoli e di sostegno accompagnano le donne in sala parto tanto quanto tra le mura domestiche.

Ogni parto va a modo suo.
Tante sono le variabili. Alcune le possiamo controllare arrivandoci preparate, fisicamente e mentalmente, ma a volte, ne basta una fuori controllo e il “viaggio si trasforma”.
Possiamo in parte scegliere, informarci, restare in ascolto di quello che sentiamo “di pancia”, ma non sempre il risultato è conforme alle aspettative e soprattutto non dipende sempre dalla donna.
Un parto fisiologico non “vale di più”.
Una mamma che termina il suo parto con un cesareo d’urgenza non si sognerebbe mai di postare le sue foto. E il cesareo salva la vita, di mamme e bambini.

E allora, foto di travagli e parti sfumate e romanticizzate perché sembrino l’alter ego di una cena intima, poco hanno a che vedere con l’attraversare quel dolore che cambia e trasforma, necessario per il passaggio alla genitorialità… quel passaggio che come dico sempre alle donne che si preparano al parto con me, è lontano dalle “rose e viole”. Perché quando un bambino sta nascendo, le immagini hanno poco a che fare con la poesia… E non è pessimismo, anzi. Credo fortemente nella competenza del corpo e della mente delle donne… ma penso anche che sia onesto fare i conti con la realtà. Perché se le immagini del parto si discostano dalla realtà, sarà ancora più difficile rielaborarlo e adattarsi al “dopo”.
Poi sono d’accordo che si possa fare “poesia del parto”, ma dopo… e forse.
Molto dipende dal vissuto dalla mamma, dal suo percorso, da come è andata, da molti altri fattori che difficilmente si possono prevedere.

Il parto è la trasformazione del corpo, dei contorni del viso, della voce, della donna che non è più lei nei modi e nei suoni… ed è da preservare, anche nelle immagini.
Proteggere le immagini protegge noi donne, i nostri figli e contribuisce a creare quella cultura del rispetto che tanto cerchiamo.

parto-ma-non-posto

Del parto è bene dire, ma non esporre.

Le immagini del parto, sono quelle del cuore e le memorie del corpo… e quelle non si possono postare.

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